L’applicazione di messaggistica è stata bloccata,
ma il fondatore Pavel Durov non molla.
Era difficile che le cose andassero peggio di così per Telegram sul territorio della Russia. Dopo la bufera che ha coinvolto Facebook, con il caso Cambridge Analytica, la Russia si è mossa perché ritiene che avere un maggior controllo sull app di messaggistica, ed in particolar modo su Telegram, possa garantire una più fondata sicurezza contro eventuali terroristi. Per questo motivo, ha preteso da Pavel Durov, fondatore dell’applicazione di instant messaging, le chiavi che criptano i messaggi che gli utenti si scambiano. Chiave che Durov si è rifiutato di fornire.
Il blocco di Telegram in Russia
Il provvedimento, emesso lo scorso venerdì, non si è fatto attendere: le autorità competenti russe hanno messo al bando Telegram in Russia, iniziando a bloccare gli IP dell’applicazione—ed oltretutto danneggiando, in questo modo, anche app di terze parti, bandite inavvertitamente.
La misura non ha comunque spaventato Durov, che ha dichiarato con fermezza che non intende in alcun modo fornire alla Russia le informazioni che pretende, poiché «la privacy degli utenti non è in vendita.» La battaglia legale probabilmente continuerà, ma la Russia al momento sembra poco incline a mollare la presa su Telegram.